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Aggressione da parte di terzi: come prevenire la violenza nei luoghi di lavoro

Il conflitto può essere visto come un'opportunità di confronto per affrontare questioni importanti. Non sempre però l’approccio è costruttivo. In alcuni ambiti lavorativi, infatti, sono tante le aggressioni registrate tra i lavoratori da parte di terzi. Prevenzione e sensibilizzazione sono le misure necessarie per arginare il problema.

Per violenza sul posto di lavoro si intende qualsivoglia episodio in cui si possano riscontrare insulti, minacce o forme di aggressione fisica o psicologica praticate sul lavoro, da soggetti esterni all'organizzazione ma anche interni a quest’ultima, in grado di mettere in pericolo la salute, la sicurezza o il benessere psicofisico della persona. Le motivazioni del gesto violento possono essere molteplici e riguardare anche una componente razziale o sessuale.

L’Agenzia europea per la Salute e la Sicurezza sul lavoro (Eu-Osha) definisce anche la violenza operata da terzi come “violenza fisica, aggressione verbale o minaccia di violenza fisica in cui l’aggressore non è un collega ma è una persona, un cliente o un paziente che riceve un bene o un servizio”, un problema che riguarda tra il 5% e il 20% dei lavoratori europei.

I settori in cui le aggressioni a lavoratori e lavoratrici possono verificarsi sono in realtà molti, tutti i contesti in cui avviene un contatto con il pubblico (ad es. pubblici esercizi e trasporti). Tra questi abbiamo: le banche e le poste in cui subentra anche il rischio rapina; il settore della sanità, in cui la particolarità delle funzioni svolte espone i lavoratori a rischio di aggressione, in particolar modo nei Pronto soccorso o da parte di utenti e familiari anche all’interno dei reparti; le scuole; i caselli autostradali e le attività di sorveglianza.

Anni di interventi sindacali, di accordi di categoria e di territorio e le numerose sentenze in merito hanno ampiamente dimostrato che il rischio di aggressione, come tutti gli altri rischi, va incluso tra quelli che il datore di lavoro deve valutare e per i quali deve prendere misure di prevenzione adeguate.

Subire violenza sul luogo di lavoro determina molteplici conseguenze nel deterioramento della salute dei lavoratori (stress, delusione, paura, rabbia, ansia e angoscia, comportamenti disfunzionali, disturbi psichiatrici, disturbo di stress post-traumatico, senso di colpa, vergogna, auto-condanna, demotivazione). Anche la produttività può risultare compromessa, con un aumento degli errori, un ridotto coinvolgimento del lavoratore nell’organizzazione del lavoro ed un aumento delle assenze dallo stesso.

Per tale motivo è necessario un approccio ‘olistico’ da parte delle organizzazioni al fine di fornire, già in fase preventiva, interventi mirati e precisi, sostegno attraverso sensibilizzazione e formazione.

L’Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro propone, infatti, delle linee guida evidenziando alcuni aspetti importanti:

  • definizione chiara del fenomeno della violenza da terzi e delle forme in cui può manifestarsi;

  • sensibilizzare e informare sia i datori di lavoro che i lavoratori potenzialmente esposti;

  • progettare l’ambiente e l’organizzazione del lavoro con sistemi di sorveglianza e con dispositivi di protezione personale;

  • misure preventive anche sul tema della comunicazione, che consentano di gestire correttamente il rapporto con l’utente;

  • formazione ad hoc da erogare ai lavoratori e dirigenti al fine di metterli in grado di riconoscere il rischio e gestirlo al meglio;

  • forme di supporto offerte a chi è vittima dell’aggressione, che potranno essere di tipo medico, psicologico, economico e legale.

I datori di lavoro dovrebbero avere un quadro normativo chiaro per la prevenzione e la gestione di molestie e violenza da parte di terzi, inserendo la problematica nelle politiche aziendali di salute e sicurezza, nel rispetto della legge nazionale, degli accordi collettivi e/o delle pratiche comuni.

 
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