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Congedo familiare, le novità in Italia con l’entrata in vigore del nuovo decreto

Non sempre è facile conciliare la carriera con la vita familiare e non sempre le politiche in atto facilitano il processo. Con l’entrata in vigore del nuovo decreto l’Italia prova ad adeguarsi alle direttive dell’Unione Europea per riequilibrare i tempi di lavoro e vita privata. La Finlandia resta sempre tra i Paesi più all’avanguardia sul tema.

Il 4 settembre in Finlandia è entrato in vigore il nuovo sistema di congedo parentale. La riforma prevede 160 giorni per entrambi i genitori e la possibilità di trasferirne 63 al partner o a chi si prende cura del figlio/a. Il genitore in stato di gravidanza ha diritto anche a ulteriori 40 giorni di indennità di gravidanza prima dell’inizio del pagamento dell’assegno parentale. L’obiettivo principale è quello del raggiungimento di una maggiore parità di genere, affinché il carico derivante dai figli non pesi solo sul partner donna. E questo passa attraverso i tre macro obiettivi che il Paese si prefigge: il rafforzamento della non discriminazione, l’uguaglianza nella vita lavorativa e la riduzione della disparità salariale. Secondo il governo, infatti, questa nuova misura permetterebbe di «conciliare meglio carriera e vita familiare». Non vi è alcun riferimento al sesso dei genitori, né al fatto che essi siano biologici o adottivi. La nuova legge prende in considerazione diversi modelli di famiglia. La Finlandia, tra i paesi europei, è sempre stata molto attenta alla tutela e alla gestione delle questioni familiari, mostrando quindi un occhio di riguardo ad un certo tipo di politiche.

L’Italia cerca di adeguarsi, in base anche alle richieste della direttiva dell’Unione Europea del 2019 che ha provato a disegnare delle linee comuni con riferimento all’equilibrio tra tempi di lavoro e vita privata, con una nuova riforma entrata in vigore proprio lo scorso 13 agosto. Tra gli argomenti presi in considerazione il congedo di maternità, di paternità e parentale. Nonostante il quadro comune però le differenze tra un paese e l’altro sono ancora notevoli.

In base all’ultima riforma italiana sono previsti 10 giorni lavorativi di congedo obbligatorio ai padri, sia biologici che adottivi o affidatari. Potranno essere usufruiti anche in modo non continuativo e salgono a 20 giorni in caso di parto plurimo. La retribuzione resta al 100%. Il congedo è fruibile dal padre lavoratore dipendente tra i due mesi precedenti e i cinque successivi al parto, anche in caso di morte del bambino. Nel complesso per i genitori il periodo indennizzabile per ogni figlio arriva a nove mesi dai sei precedenti. Oltre i nove mesi è dovuta, fino al 12esimo anno (e non più fino a 8) di vita del bambino, un’indennità pari al 30% della retribuzione, a condizione che il reddito individuale sia inferiore a 1310 euro (per il 2022).

Questa è solo una delle norme previste dal decreto legislativo del 30 giugno 2022 che si pone l’obiettivo di incentivare i genitori alla «condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne» e facilitarli nella conciliazione tra lavoro e vita familiare.

Riuscire a conciliare vita privata e carriera, infatti, non sempre è semplice, soprattutto se si svolgono incarichi lavorativi particolarmente impegnativi come nel caso di lavori notturni.

A tal proposito, infatti, proprio per le difficoltà, le condizioni, i ritmi e le ripercussioni fisiche, mentali e psicologiche che ne derivano, sono previsti dalla legge una serie di esoneri per la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore ai 3 anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa; per la lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore ai 12 anni.

Partendo dalla necessità di tutelare lo sviluppo del bambino che, in caso di separazione dei genitori, ha diritto a ricevere da entrambi una educazione buona e a sviluppare rapporti normali e significativi nell’ambito familiare, la disposizione sulla non obbligatorietà del lavoro notturno trova applicazione in tutte quelle ipotesi nelle quali il giudice abbia disposto l’affidamento a periodi alterni e, durante gli stessi, si concretizzi l’attività notturna. Sono esonerati dal lavoro notturno anche la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi 3 anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di età o, in alternativa ed alle stesse condizioni, il padre adottivo o affidatario convivente con la stessa, e la lavoratrice o lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile.

I lavoratori devono essere consapevoli di ciò a cui si va incontro accettando un lavoro notturno e del fatto che non si può essere super performanti durante le ore successive. Per conciliare in maniera equilibrata, dunque, vita privata e vita lavorativa bisogna che siano garantite delle fasce di riposo per non essere travolti dalla gestione familiare, dalle troppe ore di lavoro e dalla stanchezza..


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