Gran parte del pianeta è sommerso da rifiuti di plastica che sta danneggiando la salute degli animali e dell’uomo. Quali sono le azioni che quotidianamente possiamo impegnarci a compiere per evitare un disastro ambientale provocato anche da un uso improprio di oggetti usa e getta?
La produzione di oggetti in plastica ha avuto un’accelerata fortissima subito dopo la seconda guerra mondiale, tant’è che oggi sarebbe impensabile immaginare l’età moderna senza oggetti di questo tipo. La produzione è aumentata in modo esponenziale dai 2,3 milioni di tonnellate del 1950 ai 448 milioni di tonnellate del 2015. Un dato che dovrebbe raddoppiare dal 2050. I benefici sono stati numerosi: la plastica ha permesso di realizzare dispositivi salvavita, ha rivoluzionato l’industria automobilistica consentendo di risparmiare carburante e inquinare meno, ha salvato vite con caschi, incubatrici e attrezzature per rendere potabile l’acqua. Allo stesso tempo, le comodità originate dall’uso di oggetti in plastica ha prodotto una cultura dell’usa e getta fortemente dannosa che, ormai in maniera sempre più importante, si sta rivelando agli occhi di tutti. Le plastiche monouso costituiscono il 40% di tutte quelle prodotte ogni anno. Buona parte di queste vengono usate per brevissimi periodi - buste di plastica, involucri per cibo - anche se rimangono nell’ambiente per centinaia di anni.
Non a caso, l’inquinamento provocato dalla plastica e le conseguenze che da esso derivano sono temi sempre più attuali e urgenti nelle agende dei summit internazionali e non solo. Dal 3 luglio, ad esempio, in Europa saranno messe al bando le plastiche monouso più inquinanti: bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce, palette, tazze, contenitori per alimenti e bevande i polistirolo e tutti i prodotti in plastica oxo-degradabile - la plastica tradizionale trattata con sostanze che produce la frantumazione in pezzetti.
Lo smaltimento della plastica è un problema che riguarda un po’ tutti i paesi. Ogni anno circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono dalle nazioni costiere negli oceani. Equivale a buttare cinque buste di immondizia ogni 30 centimetri di costa in tutto il mondo. Molte di queste plastiche, essendo ricoperte di additivi che le rendono più resistenti e flessibili, richiedono almeno 400 anni prima di degradarsi. Sono ormai tristemente note le isole di plastica sparse tra gli oceani. Sono sei quelle che presentano dimensioni allarmanti. La più grande e antica si trova nell’Oceano Pacifico, il Pacific Trash Vortex, vasta quanto tutta la penisola Iberica. Una volta sparsi nell’oceano, è molto complicato recuperare i rifiuti di plastica, soprattutto quando le microplastiche si degradano e galleggiano. Ogni anno milioni di animali vengono uccisi proprio da queste plastiche che, confondendosi con il plancton, vengono ingerite e bloccano l’apparato digerente o perforano gli organi. Lo stomaco pieno di plastica riduce il senso dell’appetito provocando appunto la morte per fame. Altri animali muoiono intrappolati - foche, balene, tartarughe - che finiscono strangolati da attrezzatura da pesca o anelli di plastica di bottiglie varie. Anche i pesci allo stato larvale mangiano nanofibre già nei primi giorni di vita.
Non sono, comunque, solo gli animali in mare ad essere vittime della plastica. Anche in terraferma, in elefanti, iene, zebre, tigri, e altri grande specie sono stati riscontrati danni cellulari e disturbi del sistema riproduttivo a causa della plastica.
Quali sono le soluzioni possibili?
Ridurre i rifiuti di plastica nell’ambiente è fondamentale per preservare la vita degli ecosistemi. Nel quotidiano ciascuno di noi è tenuto a seguire alcune piccole abitudini per ridurre il proprio impatto ambientale:
evitare di utilizzare plastica monouso, sostituendo gli stessi prodotti fabbricati con materiali alternativi come il vetro, la ceramica o il ferro;
riciclare e fare la raccolta differenziata;
rispettare l’ambiente in cui ci troviamo evitando di abbandonare rifiuti;
riciclare in modo creativo: oltre ad essere smaltiti per la raccolta differenziata, le bottiglie di plastica e i tappi possono essere riutilizzati per una seconda vita.
Anche le grandi aziende dovrebbero impegnarsi con azioni importanti e da esempio per tutti, sviluppando un’economia circolare che consenta di ridurre la quantità di rifiuti e l’inquinamento. Questo è uno degli obiettivi principali del Gruppo Sanpellegrino, in prima linea per fermare la dispersione di plastica nell’ambiente attraverso iniziative di sostenibilità come Regeneration di Levissima e la collaborazione con CORIPET, un consorzio volontario senza fini di lucro per la raccolta e il riciclo delle bottiglie in PET, riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente.
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