Diverse concentrazioni di acido solfidrico nell'aria possono provocare vari effetti a danno della salute dell'uomo, fino - purtroppo - alla morte. Anche a contatto con basse dosi di questa sostanza, si verificano disturbi neurologici, respiratori, motori, cardiaci. Per questo l’INAIL riconosce ‘la malattia professionale’ ai lavoratori a contatto con l’acido solfidrico.
L’acido solfidrico è un gas incolore a temperatura ambiente, contraddistinto dal caratteristico odore di uova marce. In natura si forma come conseguenza delle attività vulcaniche, incluse le sorgenti termali, e per la decomposizione delle proteine contenenti zolfo da parte di microorganismi solfo-riduttori e si trova nei gas di palude, nel petrolio greggio e nei gas combustibili naturali. In ambito professionale, l’esposizione all’acido solfidrico è frequente nella lavorazione e nel deposito di gas ed oli naturali o nelle altre lavorazioni dove tale composto è presente. È utilizzato come disinfestante in agricoltura, come reagente chimico o come prodotto intermedio delle reazioni chimiche nell’industria della carta, nelle concerie, nella petrolchimica e nelle raffinerie.
A concentrazioni elevate, l’acido solfidrico è un gas tossico ed asfissiante. I principali effetti sulla salute sono a carico dell’apparato respiratorio con irritazione della mucosa nasale e degli occhi, ma si verificano anche tosse, attacchi asmatici, dispnea, insufficienza respiratoria e morte. Gli effetti variano in base alla concentrazione dell’H2S nell’aria:
Soglia dell’attivazione dell’odorato 0.05 ppm (= 50 ppb)
Odore offensivo 3 ppm
Soglia dei danni alla vista 50 ppm
Paralisi olfattoria 100 ppm
Edema polmonare, intossicazione acuta 300 ppm
Danni al sistema nervoso, apnea 500 ppm
Collasso, paralisi, morte immediata 1000 ppm
Secondo studi scientifici anche livelli di H2S al di sotto delle norme stabilite per legge provocano danni. A basse dosi può causare disturbi neurologici, respiratori, motori, cardiaci e la probabilità di stimolare la comparsa di cancro al colon. In alcuni di questi casi si tratta di danni irreversibili. L’idrogeno solforato viene rapidamente eliminato dall’organismo ma alcuni studi di tossicità dimostrano la persistenza per tempi più lunghi con possibili effetti di accumulo. Le esposizioni croniche a bassi livelli, le sequele di intossicazioni acute in ambito lavorativo e in popolazioni esposte ad inquinamento ambientale sono state studiate da diversi ricercatori americani che hanno riscontrato patologie prevalentemente neurotossiche con sintomi centrali e periferici anche a carattere permanente.
L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL) definisce la malattia professionale come “una patologia la cui causa agisce lentamente e progressivamente sull’organismo“ e in cui esiste un rapporto causale o concausale tra il rischio professionale e la malattia.
Il rischio può essere provocato dal tipo di mansione svolta dal lavoratore oppure dall’ambiente in cui la lavorazione si svolge. Per il comparto dell’industria tra le malattie sul lavoro riconosciute ci sono anche quelle causate dall’acido solforico a causa delle tossicità sopra indicate.
L’insorgere di una malattia professionale comporta un danno biologico. Il danno biologico è un forte svantaggio per la salute, l’integrità fisica e psichica di una persona. Si tratta di un danno che può essere invalidante anche per il vissuto quotidiano a seguito di un’invalidità temporanea o una menomazione permanente. In questo contesto così gravoso, una piccola consolazione: una volta ottenuto il riconoscimento di malattia professionale, infatti, la vittima ha diritto a determinate prestazioni INAIL, in base al grado invalidante che può essere rivisto in caso di un aggravamento del disturbo.
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